Intervista a Daniela Di Sora, editrice di Voland

Nella tappa romana del nostro viaggio in Italia tra gli editori indipendenti abbiamo incontrato Daniela Di Sora, fondatrice della casa editrice Voland.  
Voland è una casa editrice che si occupa prevalentemente (ma non solo) di autori slavi. Si rivolge a lettori curiosi e consapevoli, che non si accontentano di quanto già conoscono ma vogliono scoprire cose nuove, nuovi mondi. Voland, come l’omonimo diavolo del romanzo Il Maestro e Margherita, ama la buona letteratura: propone pochi titoli ogni anno, una ventina circa, alternando nuove traduzioni di classici scomparsi dalle librerie a voci assolutamente fresche. I lettori di Voland sanno apprezzare le voci originali e forti degli autori italiani, come pure una buona traduzione, e il fatto di avere in mano un libro ben impaginato, curato, cucito a filo e non incollato, stampato in un carattere disegnato appositamente per Voland (anche il carattere si chiama così). “È una casa editrice ostinata, caparbia e con ottimi collaboratori”, ci racconta Daniela Di Sora. Ed è la casa editrice che ha portato in Italia fra gli altri Amélie Nothomb nel 1997, quando ancora non la conosceva nessuno, Cartarescu nel 2001, Gospodinov nel 2007, solo per citare alcuni stranieri ormai entrati nella coscienza di chi legge e valuta.
Finalmente usciti dal lockdown, possiamo guardarci indietro: come ha cambiato il lavoro di Voland e i suoi piani editoriali?
Siamo usciti dal lockdown ma certo non dalla fase critica. Lavorare da casa è stato faticoso, è mancato lo scambio quotidiano fra noi in redazione, c’è voluto maggiore impegno da parte di tutti per tenere le fila. I piani editoriali di quest’anno però al momento sono cambiati poco: le traduzioni erano già avviate, i libri per la maggior già promossi in libreria. Abbiamo dovuto spostare qualche titolo all’anno prossimo, questo comporterà ritardi e alcune cancellazioni. Ci siamo date da fare tutte (insieme a molti librai) su Internet: video, presentazioni, letture… Incontri su Zoom con altri editori e con i promotori. Ora bisognerà osservare con attenzione cosa succederà nei prossimi mesi, e valutare bene le uscite. Siamo in una fase di riflessione e di analisi: resisteranno le librerie indipendenti? Quanti editori ce la faranno? Sarà chiaro solo nell’immediato futuro. Ci sono mancate le fiere, le presentazioni in libreria, la presenza degli autori. In compenso le vendite degli nostri e-book sono triplicate. Noi abbiamo una piccola collana di titoli che sono solo in e-book, si tratta di classici delle letterature slave che non avrebbe senso riproporre in libreria per molti motivi. Penso di arricchirla, stanno per uscire Il libro degli apocrifi di Čapek e dei divertenti racconti di Venjamin Kaverin, scritti tra il 1922 e il 1927, subito dopo arriverà Gogol’.
È stata modificata la programmazione editoriale, sono state ritardate alcune uscite?
L’ultimo libro di Amélie Nothomb, Sete, è uscito in libreria il 20 febbraio, ed è stato in classifica fra i libri più venduti di narrativa straniera per 3 settimane. Amélie doveva venire in Italia per presentare il libro il 26 febbraio, avevamo prenotato sale di presentazione prestigiose a Napoli, a Firenze, a Parma e a Reggio Emilia, pagato gli aerei e i treni. Il viaggio abbiamo deciso di cancellarlo appena sono cominciate ad arrivare le notizie della pandemia. Il 4 marzo doveva uscire il libro di Gospodinov, Tutti i nostri corpi, e anche lo scrittore bulgaro doveva venire in Italia per ritirare un premio e presentare il libro. Tutto cancellato. Abbiamo mantenuto al 5 marzo l’uscita del libro di Paolin, Anatomia di un profeta. Un libro bello e complesso, per il quale le presentazioni con l’autore, gli incontri con il pubblico sarebbero stati importanti, ci contavamo molto… L’11 marzo le librerie hanno chiuso i battenti. Marzo, aprile e maggio sono stati mesi disastrosi. Hanno sofferto tutti i libri che sono usciti in quel periodo o poco prima, libri che non hanno avuto tempo di respirare in libreria, che la paura, l’ansia per il domani, il lockdown hanno relegato in un luogo remoto della mente. Ottime recensioni, belle presentazioni su Facebook, possono non servire a nulla se poi le librerie sono chiuse, se la gente ha altri pensieri. È così e non puoi farci niente.
Ora poi ci viene chiesto di accorpare i giri promozionali, di ridurre le uscite. Questo vuole dire ovviamente ridurre il fatturato, già ridotto (quando non annullato) nei mesi precedenti. Sono una lottatrice e un’ottimista per natura, non mi piace piangermi addosso, ma certo ci vorrà parecchio tempo per uscirne fuori. E bisognerà cambiare qualcosa, davvero e nel profondo.
Voland si distingue per avere portato in Italia autori, in particolare dell’Est Europa, poco conosciuti al pubblico italiano: chi sono i prossimi autori in uscita e con quali criteri sono stati scelti?
Nel campo russo negli ultimi mesi di quest’anno sarà in libreria Ivan Bunin, un classico, con Giorni maledetti, terribile diario dei giorni della rivoluzione d’Ottobre, e un contemporaneo Alekseij Ivanov con un romanzo denso di mistero, I cinocefali. Due libri molto diversi tra loro, scelti proprio per dimostrare la ricchezza e la capacità di trasformarsi che ha questa letteratura. Anche nel campo del mistero i russi non sono secondi a nessuno. La romena Ioana Pervulescu in realtà è stata scelta da Cartarescu, che scrive una magnifica prefazione al suo romanzo, La vita inizia di venerdì. Del bulgaro Kalin Terzijski pubblichiamo una raccolta di racconti, C’è forse qualcuno che vi ama… e dell’ucraino Serhij Zhadan il romanzo in uscita a ottobre è il terzo di una trilogia che stiamo pubblicando da tre anni, e si intitola Il convitto.
Il criterio è unico, e vale per tutti i nostri libri (o almeno questa è la mia speranza, oltre che la mia convinzione): la qualità della scrittura unita alla forza degli avvenimenti narrati.
Quali altre novità, in particolare di autori italiani avete messo in cantiere?
Sarà in libreria, il 2 luglio, un libro di Marina Stepnova, Malia d’Italia, che si svolge tra Mosca e la Toscana e che, dopo il successo di Le donne di Lazar’ è molto atteso. Uscirà a breve anche una splendida, nuova traduzione di un bellissimo libro di Karel Čapek, La fabbrica dell’assoluto. Poi c’è Dulce Maria Cardoso, con il primo romanzo di una trilogia, che si intitola Eliete – Una vita normale. E Valentina Durante, anche lei con un bellissimo romanzo: Enne. Oltre a una romena, una turca, un ucraino e un bulgaro. Un programma ambizioso, speriamo di riuscire a portarlo a termine. Per l’anno prossimo ho già in mente almeno due italiani, probabilmente tre, ma per scaramanzia non voglio anticipare nulla.
La Voland ha compiuto 26 anni. Com’è cambiata l’editoria? E come vede il suo futuro?
L’editoria in questi anni è cambiata tantissimo, basterebbe la progressiva diffusione di Internet e in particolare di Amazon (nato proprio a metà degli anni Novanta) per capire quanto e come è cambiata. Ma non è stato solo questo: la concentrazione dei gruppi editoriali, il cambio della prospettiva economica per l’editore, che via via ha smesso le vesti dell’intellettuale per diventare sempre di più un manager: André Schiffrin ha spiegato bene questo processo già nel 2000 in Editoria senza editori di Bollati Boringhieri, e poi anche in Il denaro e le parole, pubblicato da noi nel 2010. Fra gli tsunami che hanno investito il campo dell’editoria non posso non citare l’iniziativa di Repubblica, che cominciò (mi pare fosse il 2002) ad allegare al quotidiano dei libri, in vendita a prezzi bassissimi. Il primo della serie, Il nome della rosa di Umberto Eco, venne regalato in un milione di copie.
Alla seconda parte della domanda non so rispondere: non so ancora immaginare bene come sarà il futuro dell’editoria. Sono certa che il futuro di tutti noi dipende dalla scuola. Dagli insegnanti, dalle biblioteche scolastiche, dal rispetto del lavoro di tutti (dietro un libro c’è un lavoro infinito, certosino: quello dell’autore ovviamente, ma anche quello del traduttore, dell’editor, del grafico, del tipografo), dalla possibilità che avranno le librerie – tutte: le indipendenti e quelle di catena – di sopravvivere. Mi piacerebbe pensare che dopo questo periodo così difficile gli interventi in campo culturale saranno tali da migliorare una situazione già precaria prima che la pandemia iniziasse. Ma con una percentuale di lettori fra le più basse d’Europa, non è facile essere ottimisti.
 
A cura di Giulietta Bracci Torsi
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