La letteratura balcanica ma non solo nei 25 anni di attività della casa editrice leccese Besa Muci. Il racconto nell’intervista al fondatore Livio Muci

La casa editrice Besa Muci di Nardò (LE) è nata nel 1995 con l’obiettivo di portare in Italia le espressioni più interessanti della letteratura balcanica. Un progetto editoriale che quest’anno festeggia venticinque anni di attività e affonda le proprie radici negli intensi rapporti di scambio reciproco intessuti dall’editore fin dagli anni Ottanta con le istituzione culturali dei paesi di quell’area: università, istituti di cultura, case editrici, autori e traduttori. Attraverso di esse è riuscito a far conoscere in Italia le opere di scrittori come Meša Selimović (che contende a Ivo Andrić la palma di autore più importante dell’ex Jugoslavia), Ismail Kadare, Ron Kubati, David Albahari, Maruša Krese, Diana Çuli, Zdravka Evtimova e tanti altri.
Può descriverci il vostro progetto editoriale?
La nostra missione è quella di offrire al lettore italiano l’incontro con letterature di altissima qualità che restano spesso ai margini dei grandi circuiti editoriali. È così che il nostro catalogo nel corso degli anni si è arricchito anche di opere di straordinari scrittori di area ispanica o portoghese (in prevalenza dall’America centro-meridionale e dallo stesso Portogallo), di autori provenienti dal bacino eurasiatico (basti pensare, su tutti, al grande Čyngyz Ajtmatov) e da quello del Mediterraneo.
Il tutto senza dimenticare gli scrittori italiani, quelli più interessanti e con uno stile innovativo. Restando poi nell’ambito della letteratura, per così dire, italiana, uno dei nostri marchi di fabbrica è certamente l’impegno per la letteratura migrante, quell’interessante esperienza di scrittura di autori stranieri che raggiungono il nostro paese e scrivono nella lingua di destinazione, l’italiano in questo caso, offrendo prove letterarie mirabili e stimolando la riflessione sui temi della migrazione, dell’integrazione e della costruzione dell’identità in una terra nuova.
Quali sono ad oggi i principali successi della casa editrice?
Si misurano sulla rete di relazioni e sul riconoscimento che il nostro impegno sta avendo nel panorama editoriale italiano e non solo. Siamo accreditati presso i principali Ministeri della Cultura balcanici esteri tra gli operatori più impegnati per la promozione di queste letterature nazionali. Nel contempo la nostra missione si è via via inserita nell’immaginario collettivo e questi autori, inizialmente sconosciuti e poco “mainstream”, stanno diventando parte delle biblioteche di molti lettori del nostro paese che cercano le nostre edizioni non solo nelle librerie ma vengono a incontrarci durante le fiere e i festival del libro.
Quali sono i criteri ai quali vi ispirate per individuare opere di qualità in un’area geografica vasta come…il mondo?
Abbiamo fame di storie che raccontino il mondo nella loro complessità, che sappiano restituire nella sua interezza le mille sfaccettature della realtà analizzata da punti di vista molteplici, come molteplici sono le provenienze dei nostri autori.
Ci affidiamo alla nostra rete di contatti maturata negli anni, capace di segnalarci e farci conoscere le novità e gli autori più interessanti che emergono (o sono consolidati) nei paesi di cui vogliamo far conoscere la letteratura.
Un’attenzione su tutte è quella alla qualità: vogliamo che il nostro impegno si qualifichi come un impegno a portare al lettore una letteratura con la L maiuscola, in grado di stimolare il pensiero, mettere in discussione idee e punti di vista, interrogare e stimolare discussione. Crediamo che sia un dovere di tutti.
Inoltre, nella nostra ricerca, abbiamo da tempo scelto di declinare l’attenzione alle letterature nazionali secondo quattro filoni: la traduzione delle opere più pregevoli dei grandi scrittori, la composizione di un’antologia degli autori emergenti più promettenti, un’attenzione allo studio della storia e delle tradizioni (e qui ovviamente sfociamo nell’ambito della saggistica); infine il recupero delle fiabe, leggende e racconti popolari dei nostri amati paesi di “approdo” letterario.
Com’è cambiata la vostra programmazione in seguito alla pandemia e all’annullamento di molti festival?
Abbiamo tentato di mantenere quasi inalterato il nostro programma: ne avevamo bisogno per resistere e per non soccombere all’arrendevolezza che la situazione portava con sé. Certamente abbiamo dovuto ricalibrare i tempi della produzione, che inizialmente erano stati dettati anche dagli incontri e dalle anteprime previste per fiere e festival, ma in ogni caso – a parte un paio di eccezioni, rimandate (per scelta anche degli autori) al 2021 – il nostro piano è rimasto intatto. Ne avevamo bisogno, se non altro per dire al lettore che noi ci siamo e che continuiamo a stargli accanto con le nostre storie. E poi perché nell’ottica di una crisi generalizzata com’era quella prospettata (e poi verificatasi) dal lockdown, era necessario mantenere un ottimo standard di produzione per tenere in vita il mercato.
Cosa proporrete all’edizione 2020 del Pisa Book Festival?
Al festival innanzitutto vivremo l’incontro con Tijana Djerkovic, una delle scrittrice serbe più interessanti degli ultimi anni: scrittrice “tecnicamente” migrante, ma nel contempo fine intellettuale del suo paese e abile traduttrice.
La sua scrittura, delicata e pungente, raffinata e colta, porta in Italia le atmosfere di una Belgrado senza tempo, i moti dell’animo che sconvolgono e rendono dannatamente bello l’universo umano, le dinamiche e le relazioni che nutrono gli incontri tra la sua Serbia e il nostro paese.
Tra le novità in libreria, invece, abbiamo dei libri bellissimi che non vediamo l’ora di esporre nel nostro stand: il primo, Miele sul coltello, è un romanzo strepitoso, che gioca ed è incentrato sulla potenza della lingua, dell’albanese Romeo Çollaku.
Il secondo è un saggio di un altro grande scrittore del paese delle Aquile, Ardian Vehbiu: Cose portate dal mare è un saggio che si legge come un romanzo e racconta la costruzione dell’Italia nell’immaginario collettivo albanese ai tempi del regime; le “cose portate dal mare” sono gli oggetti che arrivavano sulle spiagge albanesi e che lasciavano immaginare ai cittadini di quella terra un Occidente nuovo, dinamico, diverso, particolare, un universo da raggiungere.
Infine, l’ultima novità è il “romanzo corale” dell’algerino Mohamed Magani: Scena di pesca in Algeriarestituisce il quadro multiforme di un’umanità accarezzata con sottile ironia nelle sue incongruenze e bizzarrie, nei suoi difetti e negli umori incostanti.
A cura di Riccardo Michelucci
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