27 gennaio: in occasione della Giornata della Memoria il Pisa Book Festival suggerisce ai suoi amici lettori alcuni libri per non dimenticare…
Parlare di Olocausto non è facile. E c’è un giorno dell’anno, il 27 gennaio, che lo è ancor meno. Le parole, infatti, sono una responsabilità immane se vogliono raccontare un orrore senza confini. Ma nel Giorno della Memoria il mondo intero ha preso l’impegno di parlare di Olocausto, o Shoah, così come si parla di una colpa che è come un peccato originale e allo stesso tempo di un torto subìto da ogni essere umano. Parlare del folle sterminio di sei milioni di persone non è facile. Ma, rispondendo all’impegno preso con la Storia e con la Vita stessa, di Olocausto bisogna parlare. E magari leggerne, soprattutto attraverso le testimonianze di chi lo ha vissuto sulla propria pelle, e quelle di chi ha contribuito a salvare tante vite…
Ecco perché il Pisa Book Festival ha pensato di suggerire al suo affezionato pubblico di lettori alcuni titoli che possano contribuire a far riflettere e quindi onorare la Giornata della Memoria.
Il primo libro è L’anima delle cose di Éva Fahidi (Della Porta), testimonianza diretta di una sopravvissuta all’Olocausto. Éva Fahidi ha 94 anni, ma questo non le impedisce di salire sul palcoscenico e di danzare. Questa è la sua vittoria su Auschwitz. Quando aveva diciott’anni fu deportata ad Auschwitz-Birkenau, una fra gli oltre quattrocentomila ebrei ungheresi che nel 1944 furono mandati nei campi di concentramento nazisti nell’arco di tre mesi. Nel campo di sterminio ha perduto i genitori, la sorellina Gilike e decine di parenti, e per tanti anni ha evitato di parlare di quella tragica esperienza. Dopo una visita ad Auschwitz nel 2003, cinquantanove anni dopo essere stata liberata, ha sentito la necessità di lasciare al mondo la sua testimonianza.
Nelle pagine del suo libro, unico tra le memorie dell’Olocausto, Éva racconta cosa fu la sua vita prima di Auschwitz. L’anima delle cose non è soltanto un libro sulla Shoah, è l’affresco di un’epoca. Attraverso il racconto di Éva, vediamo scorrere le immagini d’un mondo ormai scomparso: quello della borghesia ungherese, cancellato prima dal nazismo e in seguito dal regime comunista. Alla rievocazione dettagliata e straziante delle vicende del campo di sterminio nazista, dal momento del suo
arrivo fino alla liberazione nel marzo del 1945, si alternano così i ricordi e le storie dei Fahidi, una famiglia di origine ebraica vissuta nell’Ungheria dei primi decenni del Novecento.
Un altro titolo che consigliamo è Il gelataio Tirelli di Tamar Meir (Gallucci). Un libro pensato per i più piccoli, affinché anche gli adulti di domani siano consapevoli di quello che è stato, e che solo attraverso la Memoria potrà non essere mai più.
Vi si racconta la storia del gelataio Francesco Tirelli, “giusto tra le Nazioni”, che è stato definito lo Shindler italiano, e che amava il gelato come un bambino.
Tirelli aprì una gelateria a Budapest e, quando i nazisti invasero la città, decise di fare qualcosa di ancora più buono, trasformando il gelato in uno strumento di salvezza per i suoi amici…
Un libro sul valore del coraggio, dell’amicizia e dell’aiuto reciproco, che si basa su fatti realmente accaduti: l’altro protagonista, Peter (Isacco), è il suocero dell’autrice Tamar Meir, che ha sentito raccontare da lui questa storia straordinaria e ha deciso di scriverla per farla conoscere a tutti.
La traduzione è stata affidata alla giornalista Cesara Buonamici e al marito Joshua Kalman.
Infine segnaliamo Ora che eravamo libere di Henriette Roosenburg (Fazi). Sopravvivere alla guerra, alla deportazione e al carcere, scampare a una condanna a morte e ritrovare la libertà tramite un lento e accanito ritorno verso casa, restare in vita per testimoniare e non far dimenticare un’esperienza che ha coinvolto migliaia di resistenti contro la barbarie nazista.
Tutto questo è Ora che eravamo libere, l’intenso memoir che la giornalista olandese Henriette Roosenburg pubblicò nel 1957 e che, grazie all’immediato successo presso i lettori americani, documentò in modo diretto la Nacht und Nebel, la terribile direttiva emessa nel dicembre 1941 da Adolf Hitler volta a perseguitare, imprigionare e uccidere tutti gli attivisti politici invisi al regime nazista.
Nata nel 1916 in Olanda, Henriette Roosenburg aveva appena cominciato l’università quando si unì alla resistenza antinazista. A causa della sua attività come staffetta partigiana prima e giornalista poi, nel 1944 fu catturata, imprigionata nel carcere di Waldheim in Sassonia e condannata a morte. Nel maggio dell’anno successivo, venne liberata assieme ad altre sue compagne di prigionia, iniziando un lunghissimo viaggio per tornare a casa, un’autentica odissea attraverso la Germania sprofondata nel caos di fine conflitto. In mezzo a soldati alleati che presidiano il territorio, nazisti in fuga e tedeschi diffidenti o addirittura ostili perché ancora fedeli al regime, tra innumerevoli astuzie, baratti e peripezie, le protagoniste di questa estenuante via crucis riusciranno alla fine a riabbracciare le proprie famiglie in patria.
Procedendo in modo limpido e preciso e con una lingua duttilissima ma priva di sbavature, guidata dall’urgenza dell’affermazione dei fatti accaduti, Henriette Roosenburg ci offre non solo un momento cruciale della propria personale esistenza, ma soprattutto un poderoso affresco della tragedia che ha coinvolto milioni di vite durante e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Bestseller negli anni Cinquanta, ai tempi della prima uscita americana, questo potente memoir viene oggi riscoperto a livello internazionale.
Non è facile, ma di Olocausto bisogna parlare. E leggere. Sempre. Proprio perché non restino solo parole…
Francesco Feola